La prima autostrada della storia: così potrebbe essere definita l’Appia Antica. Progettata nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Cieco, l’Appia forniva un collegamento diretto fra Roma e Capua (successivamente prolungato fino a Brindisi) con un tracciato rettilineo e agevole, percorribile comodamente sia dai carri che dai pedoni. Per ottenere questo risultato fu necessario un sforzo economico impegnativo e un progetto ingegneristico rivoluzionario, capace di superare gli ostacoli paesaggistici che rendevano il sistema viario precedente tortuoso e accidentato.
Lo storico Livio ci informa che inizialmente la Via Appia era lastricata saxo quadrato (forse peperino), ma che nel 189 a.C. si cambiò pavimentazione, sostituendo il tufo con la selce. Fu la prima volta che comparve a Roma l’utilizzo dei “basoli”, pietre basaltiche di grosse dimensioni e ben levigate, poi diventate caratteristiche di tutte le strade romane, dalle grandi vie di comunicazione ai piccoli diverticoli. Nel caso della Via Appia, l’estrazione del basalto avveniva proprio nei pressi del tracciato, poiché dalle Frattocchie di Marino fino alla tomba di Cecilia Metella si estende per oltre 10 km la cosiddetta colata di Capo di Bove, una lava leucitica prodotta durante la fase eruttiva del Vulcano Laziale (il sistema montuoso noto con il nome di Colli Albani), avvenuta circa 260 mila anni fa. All’interno del Palazzo Caetani sono visibili gli affioramenti del banco di lava relativi a una delle tante cave aperte nel fronte della colata.
Il nuovo ingegnoso impianto della strada, dunque, si componeva di strati diversi, per una profondità di circa un metro e mezzo. Quello inferiore era formato da grossi ciottoli, su cui si poneva uno strato di sabbia e ghiaia, sulla cui superficie venivano ben allettati i basoli, perfettamente combacianti secondo un profilo convesso, in modo da favorire lo scorrimento dell’acqua piovana lungo i bordi della carreggiata. Tale sistema, ottimale per permettere il drenaggio dell’acqua ed estremamente resistente al passaggio dei carri, si conserva tutt’ora in più punti della strada, dove sono ancora ben visibili i solchi lasciati dalle ruote dei mezzi che vi hanno transitato per secoli.