di Laura Larcan,
il Messaggero, ed. Roma, 06 dicembre 2013.
Tutto è nato da un’intuizione. Una di quelle che solo gli archeologi possono avere quando osservano un piccolo frammento di marmo bianco che fa capolino in una “semplice” pavimentazione. “Sembrava una feccia che diceva: scava qui”, racconta con un entusiasmo che fa tenerezza Giuliana Galli, da quindici anni a guidare con Riccardo Frontoni, campagne di ricerche nella straordinaria Villa dei Quintili sull’Appia Antica. “Ho notato quel frammento di lastra di marmo che entrava perpendicolare nella malta di preparazione del pavimento. In linguaggio tecnico, sembrava messo in opera”, dice la Galli. Lì sotto c’era qualcosa.
Il mistero
Quella porzione del quartiere residenziale della villa dei fratelli consoli Quintili (151 d.C.) sterminati dall’imperatore Commodo nel 182 per confiscarne la splendida tenuta e trasformarla nel suo personale buen retiro a Roma, doveva nascondere qualcosa. Era la primavera del 2012, e da quell’indizio si è cominciato a scavare, con un progetto fortemente voluto dalla Soprintendenza ai beni archeologici guidata da Mariarosaria Barbera, sotto la direzione scientifica di Rita Paris. Oggi, a ritornare alla luce, sotto cumuli di detriti, è un autentico teatro. Il teatro di Commodo, il controverso, eccentrico, crudele figlio di Marco Aurelio, appassionato di giochi gladiatori e spettacoli. Scendendo di appena un metro e mezzo sono cominciate ad uscire le gradinate a semicerchio per 300 persone, che costituiscono la parte riservata agli ospiti illustri. Di frnte, la scaletta di accesso al palcoscenico lungo oltre trenta metri, insieme ai quattro corpi di fabbrica che animano la “frons scenae”, e al centro la porta regia destinata all’entrata in scena dell’attore principale. Una struttura che un tempo doveva comparire a doppio piano con due ordini architettonici, decorati da statue di Muse e sileni. E proprio qui è stata rinvenuta una testa di una statua di sileno decorato con edera e pampini.
Il palco dell’imperatore
Il teatro è poi in stretta relazione all’ambiente circolare: “Un’ipotesi allo studio è che qui vi fosse il palco privilegiato di Commodo collegato alla cavea da una rampa di scale”, azzarda la Galli. “Tutto ci diceva che era di Commodo – riflette la Galli – nell’interro sono riemersi i mattoni con i bolli dell’imperatore, un porta lucerna e anfore datati alla seconda metà del II secolo d.C.”. Al 161 e 192 d.C. che è l’età di Commodo. Come racconta il principale biografo Eio Lampridio nell’Historia Augusta, Commodo amava esibirsi a teatro con i capelli lisciati lumeggianti di polvere d’oro. “È stato sbalorditivo – si emoziona la Galli – Non poensavamo che potesse esserci una struttura del genere qui, non ne aveva parlato ancora nessuno tra gli illustri studiosi del ‘700 e ‘800”. Fino ad oggi si riteneva che l’ambiente semicircolare fosse un “pozzo di luce”, un raffinato spazio all’aperto che fungeva da raccordo tra i quartieri della villa. Ora tutto si riscrive. “Un teatro è perfetto per inquadrare la villa di Commodo, era l’anello mancante in questa residenza che già vanta un ludus dei gladiatori” dice Riccardo Frontoni. “E il fatto che sia stato interrato, sigillato, intenzionalmente nascosto, dipende dalla damnatio memoriae di Commodo decretata dal Senato alla sua morte” riflette la Galli. “La presenza del teatro è quanto mai singolare – sottolinea la Paris – C’è una rispondenza ai modelli decorativi dei teatri, ma allo stesso tempo testimonia l’estrema libertà di soluzioni architettoniche nella villa, una fantasia dettata sì dal luogo, ma che rimanda alla personalità di Commodo. Nella Villa dei Quintili sembrano non esserci regole nello sviluppo degli ambienti che a pieno ritmo riadattavano le strutture preesistenti”. Sono tredici anni che la Villa dei Quintili è al centro di piccoli grandi scavi: “Ci vuole coraggio per scavare, con la consapevolezza che dobbiamo restaurare e mantenere le scoperte – evidenzia la Paris – E con un progetto di manutenzione importante riusciamo oggi ad aprire il teatro al pubblico”.