Tra il 1302 e il 1303 la famiglia Caetani acquistò, grazie all’intermediazione di Benedetto Caetani (allora Papa Bonifacio VIII) il dominio di Capo di Bove. Sito al III miglio della Via Appia, esso includeva terre, casali e il Mausoleo di Cecilia Metella, e fu sfruttato dai nuovi proprietari per costruire un grande complesso fortificato: il Castrum Caetani, tutt’ora ben conservato.
I pesanti pedaggi che i Caetani imposero su merci e viaggiatori, insieme all’impraticabilità del tratto della Via Appia nei pressi di Terracina, dissestato e paludoso, furono i motivi per cui nacque il percorso alternativo dell’Appia Nuova, voluto da Gregorio XIII nel 1574. L’apertura della nuova strada che partiva da Porta San Giovanni comportò un grande cambiamento per l’Appia Antica, che divenne una semplice via suburbana che attraversava le proprietà agricole della zona.
Il sistema monumentale superstite subì in questi anni una nuova pesante spoliazione a causa del continuo riutilizzo dei materiali antichi facilmente reperibili dagli edifici in rovina, nonché per l’interesse sempre maggiore che studiosi e antiquari di ogni genere nutrivano per i reperti antichi, che sfociava molto spesso nell’appropriazione indebita di più cimeli possibili. Così, se l’amore per il collezionismo e il fascino della scoperta spingevano gli eruditi del Rinascimento alla smaniosa ricerca di antichità, un sentimento di rispetto e consapevolezza del valore di tanta bellezza cominciava a insinuarsi in coloro che criticavano il degrado e gli interventi di distruzione che i monumenti antichi erano costretti a subire. La demolizione del Mausoleo di Cecilia Metella, ad esempio, sarebbe dovuta avvenire nel 1589 per volere di Papa Sisto V al fine di fornire materiale da costruzione per Villa d’Este a Tivoli, ma fu scongiurata grazie all’intervento del conservatore Paolo Lancellotti, che vi si oppose fortemente.