Il I° giugno 1911 viene notificato al proprietario dell’epoca il provvedimento emanato dal Ministero della Istruzione Pubblica ai sensi della L. 364/1909 che decreta il Colombaio dei Servi e dei Liberti di Augusto esistente nella vigna segnata al civico n°27 dell’Appia Antica di importante interesse, sottoponendolo alle disposizioni contenute nella medesima legge.
Questa struttura funeraria, fondata sotto Augusto e situata tra il primo e il secondo miglio nell’area dell’ex vigna Vignolini, corrisponde oggi al numero civico 87 della via Appia Antica. Insieme al colombario dei liberti di Livia Augusta, oggi scomparso, il colombario dei Liberti di Augusto rappresenta un esempio di sepoltura tipica dell’età imperiale destinata ai servi e ai liberti imperiali, gli schiavi che grazie al loro buon comportamento erano affrancati dalla servitù, anche se avevano possibilità giuridiche limitate rispetto ai nati liberi.
Questo tipo tradizionale di sepoltura cittadina viene scoperta nella prima metà del ‘700 e presenta una particolarità: fa parte di quei pochissimi colombari collocati in superficie. Caratterizzato dalla uniformità delle file dei loculi, viene in questa fase affiancato da esempi più rappresentativi con decorazioni sontuose e spazi articolati.
Poco tempo dopo la sua scoperta questo colombario fu utilizzato come cantina: si può ancora vedere un antico torchio per l’uva poggiato a una parete. In seguito la struttura divenne parte integrante di un’osteria: il sito nel 1796 era già censito dallo Stato Pontificio come Hostaria del Colombario; alla fine del XIX secolo l’osteria fu menzionata su un interessante e particolare libro, la “Guida sentimentale alle Osterie d’Italia”. Attualmente del colombario dei Liberti di Augusto restano solo alcune strutture della camera centrale, nell’ambiente orientale sono visibili le file dei loculi nella parte posteriore, mentre della camera occidentale non è rimasto nulla. Anche l’apparato decorativo di questo edificio sepolcrale è andato perduto e non è stato possibile ricostruirlo dalle incisioni. I resti del colombario sono in parte inglobati in un edificio secentesco, che costituisce un ampliamento su tre piani, rappresentato nella metà del ‘700 nelle incisioni del Piranesi, e successivamente dal Canina. L’aspetto originario del colombario tramandato dal Piranesi (Le antichità romane tomo II contenente gli avanzi de’ monumenti sepolcrali di Roma e dell’Agro Romano, 1756) presenta in pianta tre camere comunicanti tra loro, con una doppia rampa di scale dalla quale si accedeva alle camere laterali sul lato posteriore dell’edificio, in posizione non visibile dalla via Appia Antica. In un’altra incisione del Piranesi appare la configurazione settecentesca del complesso, quando il colombario venne adibito ad osteria. Il Canina ricostruisce pianta, prospetto e sezione dell’edificio, coronando l’ambiente centrale con una sopraelevazione con frontone e copertura a spioventi, mentre le ali laterali sono con copertura piana. È verosimile quindi che la parte centrale dell’edificio sia stata in origine su due livelli, almeno fino al tempo del Piranesi, nelle cui incisioni risulta anche ben conservata. A sostegno di questa ipotesi anche le rampe di scale presenti sia nei disegni del Piranesi che del Canina. Nella ricostruzione del colombario di Giovan Battista Montano, disegno conservato al Sir John Soane’s Museum di Londra, la pianta è divisa in tre ambienti, con due vestiboli, uno sul prospetto principale e uno su quello posteriore che precede le rampe scale, in prospetto il vestibolo è suddiviso mediante semicolonne sormontate da frontone.