Il 26 maggio 1995 il Ministero per i Beni Culturali emette il decreto di tutela per una parte del Parco Archeologico dell’Appia Antica compresa tra vicolo di San Sebastiano, via Appia Antica, via di Tor Carbone e via Ardeatina, convenzionalmente denominata 'VI settore'.
L’area si estende su un pianoro denominato Zampa di Bove, che, dall’Appia, digrada verso l’Ardeatina, corrispondente, a livello geologico, all’estremo versante meridionale della colata lavica di Capo di Bove.
In età repubblicana il territorio è percorso dai tracciati delle vie Ardeatina e Appia, che delimitano un ambito destinato alle attività agricole.
A partire dalla tarda età repubblicana, e soprattutto dall’età augustea, il territorio è interessato da una elevata concentrazione di insediamenti, di cui affiorano tracce significative costituite da strutture emergenti e affioramenti in superficie di materiali archeologico, circondate da un paesaggio che ancora conserva diversi tratti distintivi della campagna romana.
Questa densità di occupazione trova riscontro nella fitta rete di strade secondarie di collegamento tra le due vie maggiori e di servizio dei diversi insediamenti residenziali e agricoli. Ne è testimonianza un tratto di basolato recentemente rinvenuto nella parte meridionale del settore di vincolo.
Tra gli insediamenti della zona uno dei più significativi è il complesso di età imperiale in località detta Zampa di Bove. Emergono, al di sotto delle strutture medievali, i resti di ambienti e di una cisterna, che sono stati interpretati come appartenenti ad una villa di età imperiale.
Per l’età medievale, le tracce più rilevanti sono costituite dall’insediamento di Zampa di Bove, che dà il toponimo all’area, così chiamata per connotarla rispetto all’area della Tenuta di Capo di Bove, di proprietà dei Caetani, alla quale doveva essere collegata.
L’insediamento sorge tra il XII e il XIII secolo al di sopra delle strutture del complesso romano. Ha il suo elemento caratterizzante nel paesaggio nella turris, purtroppo in buona parte crollata alcuni decenni fa, ma che fu documentata per un’altezza di circa 15 metri dal De Rossi e che indicava nello spazio l’esistenza di un fondo. Il complesso apparteneva ad un fundus detto Borreianus, che confinava a sud col Fundus Carbonarius corrispondente all’attuale Tor Carbone, che apparteneva alla massa Trabatiana, un ampio possedimento di proprietà ecclesiastica che comprendeva questa zona e abbracciava ben tre miglia della via Appia, dal IV al VII.
Studi recenti hanno evidenziato come la torre si ponesse in posizione decentrata rispetto al recinto, il renclaustrum, che nel suo perimetro inglobava un edificio abitato, tipo domus o accasamentum, che riutilizzava un ambiente antico a pianta rettangolare di 9 x 5 metri. Si è notato come la parcellizzazione catastale odierna mantenga invariati i confini della proprietà dipendente da questo insediamento, con una continuità di segni del paesaggio che caratterizza in particolare questa porzione di territorio.
La continuità di segni del paesaggio non trova soluzione con l’età moderna. Il territorio è di proprietà di famiglie della nobiltà romana e continua ad essere connotato da un uso agricolo nell’ambito del quale i Casali ereditano la funzione e il ruolo degli insediamenti romani. È attestata la proprietà della famiglia Farnese che dà il nome a parte della zona ancora conosciuta come Tenuta Farnesiana. Sotto la proprietà Farnese vengono edificati probabilmente i due casali settecenteschi della tenuta, il Casale delle Vignacce e il Casale di Vigna Viola, ai quali si aggiungono, tra la fine del Settecento e l’Ottocento, altri tre edifici (Casale Torlonia, Casale Carbone, Casale Vignazze).
Al nome dei Farnese è legato anche uno degli elementi caratteristici del paesaggio dell’area, l’antico Bosco Farnese, un lembo di bosco misto, l’unico esistente nel parco dell’Appia, probabilmente artificiale e costituito da alberi di leccio (Quercus ilex), Roverella (Quercus pubescens) ed alcune Sughere (Quercus suber). Nel sottobosco si trova il Biancospino (Crataegus monogyna) e la Marruca (Paliurus-spinachristi).
Un ulteriore elemento caratterizzante il paesaggio agrario tipico della Campagna Romana tra tardo Ottocento e primo Novecento è il bel fontanile, probabilmente destinato all’uso pubblico, che è stato riscoperto negli scavi del 2018 a ridosso del fosso di Tor Carbone.
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