Il 29 aprile 2016 la Co.Re.Pa.Cu. (Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale) del Lazio, organo collegiale del Ministero che coordina e armonizza l’attività di tutela nel territorio regionale, dichiara l’interesse archeologico particolarmente importante del mausoleo noto come “sepolcro di Priscilla” e delle strutture medievali della fortificazione del sito, che sorgono al di sopra e intorno al nucleo di epoca romana.
Il decreto è stato emanato al termine di un particolare procedimento, detto verifica dell’interesse culturale, normato dall’art. 12 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in quanto ha a oggetto un bene di proprietà pubblica, specificamente di Roma Capitale.
La verifica valuta, appunto, la sussistenza dell’interesse culturale dei beni di proprietà pubblica o appartenenti alle persone giuridiche private senza fine di lucro, che siano opera di autori non più viventi e che abbiano più di settant’anni se immobili o più di cinquant’anni se mobili.
Il monumento sorge tra il I e il II miglio della via Appia Antica, presso il bivio con la via Ardeatina, di fronte alla chiesa del “Domine Quo Vadis”. Viene identificato come la tomba che Tito Flavio Abascanto, liberto dell’Imperatore Domiziano (81-96 d.C.), fece costruire per la moglie Priscilla, prematuramente scomparsa intorno al 95 d.C., nei suoi terreni presso il fiume Almone, dove possedeva anche un edificio termale (il balneum Abascanti).
Il sepolcro è citato dal poeta Stazio (Silvae V,1), la cui moglie era amica di Priscilla. L’autore lo descrive come un edificio di notevoli dimensioni, coperto a cupola e vicino all’Almone. Conferma l’interpretazione il ritrovamento, nel 1773, di una epigrafe funeraria che ricorda la sepoltura dello schiavo Afrodisio da parte di Tito Flavio Epafrodito, aedituus (custode) del sepolcro dei propri patroni Abascanto e Priscilla (CIL VI, 8713).
Data la sua posizione strategica, al bivio tra le vie Appia Antica e Ardeatina, il sito viene fortificato forse già dai conti di Tuscolo nell’XI secolo e poi dai Caetani nel XIII secolo.
Al monumento si addossano anche due casali: il primo, dal lato verso l’Appia, ha forse origine medievale; il secondo, sul lato opposto, risale agli inizi del Novecento. Gli edifici, insieme agli ambienti interni del sepolcro, fino agli anni Sessanta del Novecento ospitavano una “caciara” per la stagionatura dei formaggi.
Oggi il monumento è curato e valorizzato dai colleghi della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e del Parco Regionale dell’Appia Antica.
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