Il 6 giugno 1998 viene emanato il decreto di dichiarazione dell’interesse archeologico particolarmente importante del sepolcro a torre tradizionalmente noto come tomba di Geta.
Il monumento sorge al secondo miglio della via Appia Antica, poco oltre l’attraversamento del fiume Almone. Se ne conserva solo il nucleo in opera cementizia, con le ammorsature della originaria decorazione marmorea, spoliata in epoca non precisabile.
Il primo studio del sepolcro si deve al Canina, che lo attribuisce all’imperatore Geta sulla base di un passo di Spaziano, secondo il quale la tomba, situata sulla destra della via per chi si dirigeva verso la porta, doveva avere un aspetto simile al Settizonio sul Palatino, il ninfeo monumentale costruito da Settimo Severo, padre di Geta. Secondo la ricostruzione dello studioso, il monumento doveva presentare una struttura a corpi volumetrici sovrapposti, decrescenti verso l’alto. L’attribuzione ai Severi è ritenuta infondata dalla critica moderna (Tomassetti, Castagnoli).
Sulla sommità del monumento viene costruita, in età medievale o moderna, una casetta con tetto a quattro spioventi, restaurata nel corso del XIX secolo dalla famiglia Torlonia, proprietaria dell’immobile ancora agli inizi del XX secolo, quando viene ricavato, nel basamento del nucleo cementizio, un locale – cantina funzionale alla conservazione del vino della vicina osteria “dei Carrettieri”.
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