Il 7 aprile 1913 un messo comunale, su richiesta del Ministero della Pubblica Istruzione, notifica al signor Augusto Pisani, residente a Roma in via del Biscione al civico 89-90, che “il rudero facente parte del Templum Martis nel terreno di sua proprietà nella tenuta della Caffarelletta ha importante interesse ed è quindi sottoposto alle disposizioni contenute negli articoli 6, 7, 13, 14, 29, 31, 34 e 37” della legge 20 giugno 1909, n. 364.
La legge, frutto dei lavori di una Commissione istituita nel 1906 su iniziativa del Ministro della Pubblica Istruzione, ampliava l’ambito della tutela dai generici monumenti alle “cose immobili e mobili che abbiano interesse storico, archeologico, paletnologico o artistico”. Disponeva limiti alla circolazione degli oggetti di interesse storico ed artistico, non appartenenti ad autori viventi, e di epoca risalente a più di 50 anni; stabiliva l’inalienabilità dei beni culturali appartenenti allo Stato o appartenenti a enti pubblici e l’obbligo di preventiva denuncia per quelli privati; introduceva il diritto di prelazione nei trasferimenti di beni appartenenti a privati, la possibilità di acquisto coattivo, misure volte a impedire arbitrarie manomissioni, demolizioni, alterazioni dei beni sottoposti a tutela e istituiva il procedimento della notifica al proprietario, attraverso il quale si ufficializzava la protezione del singolo bene.
Gli atti di notifica definivano spesso, come nel nostro caso, il bene da tutelare con indicazioni topografiche più o meno dettagliate ma senza riferimenti alle particelle catastali, cosa che può rendere difficile, talvolta, l’esatta definizione dell’immobile tutelato.
Sappiamo però da Rodolfo Lanciani che nel terreno della famiglia Pisani, “sul vicolo delle Sette Chiavi in valle dell’Almone”, esisteva una “piscina”, disegnata già da Pirro Ligorio e descritta da Thomas Ashby, e “sotto la piscina avanzi di costruzioni con cripte”.
La “piscina” nel terreno Pisani, nella quale si può individuare il “rudero” del provvedimento di tutela, è stata riconosciuta nella cisterna monumentale di via Bitinia, ubicata lungo il costone tufaceo a nord dell’Almone, nell’area indicata nella cartografia catastale come “La Caffarelletta”. Il prof. Lorenzo Quilici l’ha ricondotta a una grande villa romana sepolta e ne ha datato la costruzione alla prima età imperiale.
Il poderoso serbatoio, a camere parallele comunicanti, coperte con volte a botte, è sostenuto, sul fronte a valle, da poderosi contrafforti. È stato recentemente ristudiato e restaurato dai colleghi del
Parco Regionale dell'Appia Antica
e della
Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
(si veda A. Rossi, L. Asor Rosa, M. Marcelli, C. La Rocca, C. Rossetti, G. Marconi, Parco Regionale dell’Appia Antica. Interventi di restauro e valorizzazione di alcune cisterne nella valle della Caffarella, Mun. VII, in Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma, CXVII, 2016, pp. 358-365).
Nelle immagini, la copia della notifica, la localizzazione su foto area Google, il monumento nei rilievi di Pirro Ligorio (da S. Ranellucci, Restauro ambientale della Valle della Caffarella a Roma, 2012, fig. 149, p. 237), di Rodolfo Lanciani (da M. Buonocore, Appunti di topografia romana nei codici Lanciani della Biblioteca Apostolica Vaticana, 2001, p. 135) e nella pianta di Pietro Rosa, nella quale compare indicato come “villa antica” (Frutaz, Le Carte del Lazio, III, 1972, tav. 276), e alcune foto della cisterna oggi.
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